La nostra città è sempre “altra”, perché è in continuo divenire: cambiano gli abitanti e le componenti razziali, muta la f
acies urbana, si trasformano le abitudini di vita portandosi dietro un differente modo di frequentare gli spazi pubblici e di concepire il rapporto fra centro e periferia.
La nostra città, al tempo stesso, non è mai “altra” da noi, anche quando vorremmo che lo fosse: perché – ci piaccia o no – ne facciamo parte e le sue dinamiche ci coinvolgono, pretendono da parte nostra un’espressione di responsabilità. L’estraneità alle sue problematiche è un lusso che non ci possiamo permettere.
A queste forme complementari di alterità hanno ispirato alcune loro opere gli artisti presenti in mostra.
All’interno di un luogo simbolico della città e della sua storia si confrontano così modi diversi di osservarla, di esaltarne la fisionomia, di rimeditarne visivamente il tessuto umano e culturale, di proiettarla in una dimensione ulteriore, fantastica, in cui essa – questa città in cui viviamo, o l’idea di città in senso lato – si fissa in immagine nel momento stesso in cui denuncia la propria irriducibilità allo sguardo individuale.
Ma proprio dalla coscienza sua complessità potrebbero già da oggi determinarsi i modi per risuscitare quel dialogo fra arte e città che nel nostro Paese è stato per secoli un meraviglioso, costitutivo dato di fatto.
Fulvio Dell’Agnese
Convento di San Francesco
Piazza della Motta
Pordenone
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